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Gesù 54 – Lettera ai Romani

È considerato il capolavoro teologico di Paolo.
Vi tratta, senza la pressione dovuta a situazioni contingenti, i grandi temi della Lettera ai Galati.
Non è da prendersi alla leggera perché è di difficile lettura.
Ma ad ogni livello la Parola di Dio parla. Dal più semplice e al più complesso.
È stata la lettera più studiata dell’epistolario paolino. Ha ricoperto un ruolo fondamentale nello sviluppo della teologia, cattolica e protestante. Agostino, i padri della Chiesa, Lutero, Calvino, Barth … hanno dedicato grandi studi allo scritto di Paolo.

Paolo non è mai stato a Roma. Non solo sa che vi è una comunità cristiana, ma ha molti amici che vi abitano.

Data di composizione: inverno del 57/58.
Luogo di composizione: Corinto.
Autore sicuramente Paolo.
Destinatari: “quanti sono in Roma, amati da Dio”, la Chiesa di Roma e gli amici di Paolo.
Viene considerata una lettera unitaria (qualche studioso di minoranza vi rinvenirebbe l’unione di due lettere, qualche altro che il cap. 16 sia stato aggiunto successivamente).
Qualche studioso riterrebbe i capp. 9-11 non siano genuinamente paolini.
Poiché Rom è l’ultima lettera, “protopaolina”, scritta, gli studiosi la trattano come il testamento spirituale di Paolo; alla fine della sua missione in oriente.
La missione di Paolo si allarga ai confini dell’impero. Il suo arrivo a Roma, non è come da lui desiderato, da missionario, ma da prigioniero.
Ma anche da prigionieri si annuncia il Vangelo.

La situazione
Paolo.
Si trova a Corinto. È l’inverno 57-58, dal porto di Cencre scrive la lettera. È in procinto di andare a Gerusalemme per consegnare la colletta. Dopo l’inverno parte e si reca, dopo aver fatto altre tappe, si reca a Cesarea e poi a Gerusalemme. A Gerusalemme sarà arrestato.

La comunità di Roma.
Non era stata fondata da Paolo. Per questo non tratta questioni personali o comunitarie, ma teologiche e pastorali su temi generali.
Roma, capitale dell’impero, era una città che contava oltre un milione di abitanti.
Di questi gli ebrei potevano essere 40-50.000. Sembra che l’impero contasse 54-60 milioni di cui circa 4,5 milioni erano ebrei. La loro presenza, provenienti da Siria e Palestina, era dovuta al commercio, all’immigrazione (sempre malvista, ma sempre esistita!) e alle deportazioni schiaviste.
Esistevano rapporti politici “bilaterali”, tra Roma e Israele: Roma governava sulla Palestina, i sovrani giudei venivano mandati a Roma per essere educati.
Dopo la rivolta del 70 d.C. le cose cambiarono in peggio.
Lo storico Giuseppe Flavio si trasferì a Roma. Agrippa II fu condotto a Roma da Tito che divenne l’amante della sorella Berenice.
Vista la presenza numerosa di ebrei, i cristiani provenienti dal giudaismo iniziarono la loro grande missione, costituendo così la Chiesa di Roma.
La lettera fa capire (Paolo voleva visitare Roma “da molto tempo”) che la comunità esisteva da molto.
Erano stati i cristiani giunti a Roma dalla Giudea a fondare la Chiesa. La fama della Chiesa di Roma era diffusa in tutto il mondo. Quindi era già una grande comunità.
Nell’anno 49 l’imperatore Claudio (41-54 d.C.) espulse i giudei da Roma. Svetonio racconta il fatto precisando la motivazione: “creavano disordini per via di Cristo”.
I cristiani erano ancora considerati un’eresia del giudaismo, ma nel 49 erano già così numerosi da destare creare problemi all’ordine costituito (le persecuzioni saranno un’altra storia!).
Furono espulsi solo i cristiani di origine giudaica (non potevano certo essere espulsi i romani, anche se cristiani!).
Secondo certi studiosi la Chiesa di Roma rimase formata solo dalla corrente proveniente dal paganesimo. Secondo altri i giudeo-cristiani, alcuni anni dopo, tornarono a Roma.
Paolo scrive alla Chiesa di Roma, in primo luogo ai suoi amici, per accreditarsi e far sì che il messaggio fosse accettato da Roma e, di conseguenza, dalla Chiesa madre di Gerusalemme.
Paolo vuole che il “suo Vangelo” sia accolto da tutti. Perché sente che è il Vangelo di Cristo.

Divisione
1,1-15 indirizzo, saluti, ringraziamenti e manifestazione del desiderio di recarsi a Roma.

1,16-11,36 sezione dottrinale
1,16-4,25 la giustizia di Dio si rivela attraverso il Vangelo
1,18-3,20 peccati dei giudei e di gentili, ira di Dio
3,21-4,25 la giustificazione viene dalla fede e non dalla legge
5,1-8,39 la salvezza di Dio per i giustificati dalla fede
9,1-11,36 promesse di Dio per Israele

12,1-15,13 sezione esortativa
12,1-13,14 consigli per la vita dei cristiani
14,1-15,13 i forti e i deboli

15,14-33 i piani di Paolo per il futuro e benedizione
16,1-23 saluti e raccomandazioni
16,25-37 dossologia finale

Linee teologiche

Nella lettera ai Romani sono contenuti tutti i temi principali della teologia di Paolo. Alcuni sono in penombra: la Chiesa, le sue strutture, la sua funzione, … è un tema trattato in maniera secondaria rispetto ad altre lettere.

L’interpretazione di Paolo del Vangelo
La lettura del Vangelo che davano i cristiani provenienti dal giudaismo, viene rovesciata da Paolo.
Il Vangelo è per la salvezza.

La giustificazione
È il tema centrale di tutta la lettera (già anticipato in Gal), trattato con sistematicità teologica e non con la necessità di rispondere a problemi contingenti.
È declinato in molti modi: giustizia, giustificazione, effetti di giustizia, …
La giustificazione è effetto della giustizia di Dio. La giustizia di Dio è un’opera gratuita di Dio.
Senza meriti da parte dell’uomo: “quando eravamo ancora peccatori …”

La legge
Paolo non vuole abrogare la legge, come non lo voleva Gesù.
La legge è utile per indicare il bene e il male.
Ma non può dare la forza per fare il bene e rifiutare il male. Questa è opera esclusiva della grazia.
Anzi, la legge, indicando qual è il male ci apre la coscienza e, se non ci fosse la grazia, ci renderebbe ancor di più peccatori.

Il peccato
Nell’epoca della legge l’uomo ha saputo fare solo peccati. Sia il giudeo che il greco. Per i meriti dell’uomo è impossibile salvarsi.

La cristologia
Il tema è più sviluppato in altre lettere. Ma qui è visto da un’ottica originale.
Cristo è, soprattutto, il salvatore.
Dio gli ha dato la carne del peccato per salvarci.
Mediante la risurrezione Dio lo ha manifestato come era, cioè Figlio di Dio (i primi versetti della lettera usano il verbo “costituito”, ma per indicare la manifestazione al mondo. Gesù era figlio da sempre).

La vita nello spirito
Solo da Cristo arriva la salvezza.
Unico modo per salvarsi è allora aprirsi a Lui. Avere fede in Lui.
Se noi siamo, col Battesimo, inseriti in Cristo la nostra vita è nello Spirito. In questo siamo guidati dallo Spirito Santo.
Se camminiamo nello Spirito e non nella carne allora la nostra vita riceve gli effetti dello Spirito.

Teologia della storia
La storia della salvezza è fatta da Dio. Dio è il protagonista nella storia.
Ma l’uomo ha suo ruolo. Come singolo e come comunità (vedasi i capp. 9-11).
Non solo per dinamiche sociologiche e psicologiche, ma per il mistero di Dio.

Lettura
1
Paolo, rivolgendosi ad una Chiesa che non lo conosce, si dilunga nella propria presentazione.
Si dichiara “schiavo”, cioè non più padrone di se stesso, ma a disposizione di Dio che ne può fare ciò che vuole.
Non è questo il posto in cui si parla del libero arbitrio!!!
Si dichiara anche “apostolo”. Evidenziando, implicitamente, che per essere apostoli non occorre aver conosciuto Cristo nella carne.
Dichiara che il campo a cui è stato inviato sono i “gentili”.
Riporta poi una professione di fede che probabilmente era già in uso nelle chiese. (Non parla della morte di Gesù che per Paolo riveste invece un ruolo fondamentale)
Paolo descrive la santità come dono di Dio. Tutto viene da Dio, gratuitamente!
L’inizio si conclude con Paolo che si fa mediatore di Dio perché sui romani effonda la grazia (parola grande nel vocabolario di Paolo) e la pace.

La preghiera preferita da Paolo è sempre il ringraziamento (vi apre tutte le lettere, esclusa la lettera ai Galati, per ringraziando Dio per la fede delle chiese).
La sua chiamata ad essere apostolo la considera un dono di Dio per il quale è in debito con le chiese.

Da 1,16 a 4,25 il tema portante è: la giustizia di Dio rivelata per mezzo del Vangelo.
I vv. 16-17 annunciano il tema della lettera: il Vangelo è salvezza. Per attingere alla salvezza necessita la fede in Cristo.
La giustizia (non è la giustizia degli uomini) di Dio rende giusti.

Al v. 18 passa ad un tono pessimistico (il discorso più pessimistico di tutte le lettere). I greci (come sostenuto nel libro della Sapienza e nelle filosofie), senza la fede, possono, con la sola ragione conoscere Dio (per quanto concerne le sue opere e non la sua essenza). Ma ciò non gli è bastato, si sono dedicati all’idolatria.
Come affermato dalla filosofia stoica, la massima punizione del peccato è il peccato stesso.
I gentili non apprezzarono il dono di poter conoscere Dio!
Il primo capitolo serve a Paolo per dimostrare la situazione di peccato in cui si trovano i pagani! Quindi non sono nell’ignoranza di Dio (altrimenti non c’è peccato), ma nella loro coscienza hanno la legge scritta dal creatore.

2
Anche se i pagani si trovano in una situazione di peccato. I giudei (Paolo parla in prima persone come ad un interlocutore fittizio), non possono giudicare i pagani. Anzi.
I giudei hanno la legge.
Paolo in questo capitolo guarda le cose dal punto di vista giudeo. Dal punto di vista dell’A.T.
Nel capitolo 3 il discorso farà un passo in avanti sembrando quasi di contraddire quanto detto qui. Ma in realtà è una progressione del discorso.

La differenza non è tra giudei e gentili, ma tra chi fa le opere di bene e chi no.
Il peccato può essere commesso da chiunque.
Non chi ascolta la legge è giusto, ma chi la mette in pratica.
I pagani sono legge a se stessi. Possono rispettarla o no.
Il giudizio di Dio sarà sulle opere! Ma attraverso Gesù Cristo (il Vangelo che Paolo predica!). Quindi chi è in contatto con Cristo (la fede) può fare le opere buone. Per ora Paolo, per astrazione, si ferma a dichiarare giusto chi fa le opere di Dio.
I Giudei non toccavano gli idoli per non contrarre l’impurità. Ma quando si trattava si saccheggiare i templi allora violavano la legge dell’impurità.
I Giudei si vantano della legge che Dio gli ha dato e poi la violano!!!
Danno scandalo ai pagani.
E I CRISTIANI DI OGGI?

L’appartenenza al popolo di Dio è data dalle opere compiute nel segreto. Solo Dio la vede.
Non ci sono segni esteriori che possono garantire la nostra appartenenza a Dio.

3
Si parla dell’argomento centrale della lettera: la giustificazione per mezzo della fede. Quanto detto qui, sarà ripreso e approfondito nei cc. seguenti.
Il capitolo è impostato come una diatriba. Si citano le domande degli avversari e si risponde.
Le promesse di Dio sono irrevocabili. I Giudei hanno sempre un ruolo chiave per la salvezza del mondo. Anche se alcuni sono infedeli, Dio è fedele.
Ma nessuno è salvo automaticamente.
Tutti gli uomini sono peccatori.
La legge indica il peccato, ma non dà la forza per non commetterlo.
Dio è giusto e tramite Cristo rende giusti, “giustifica”.
L’uomo non si salva tramite le “opere della legge” (quanto prescritto), perché non riesce a compierle e perché non salvano le opere stesse.
Gli avversari accusavano Paolo. In base al suo discorso occorreva allora fare il male per ottenere il bene?
È assurdo. I poli della salvezza sono sempre due: Dio che opera e l’uomo che accoglie.
La salvezza viene all’uomo dall’accoglienza di Dio in Gesù. Dalla fede.
I vv. 25-26 richiamano i riti espiatori dell’A.T.
Il propiziatorio era il coperchio dell’Arca. Dal VII secolo l’Arca ed il coperchio non esistevano più.
Israele celebrava ancora l’espiazione nel giorno dello yom kippur
Il coperchio era il luogo di incontro fra Dio e il popolo.
Veniva asperso col sangue, che rappresentava la vita, per fare incontrare Dio e l’uomo.
Attraverso la vita venivano cancellati i peccati.
Paolo mette la croce di Cristo come incontro fra Dio e l’uomo.
MEDITIAMO SU QUESTO INCONTRO
Attraverso la sua vita Gesù assume i nostri peccati e li cancella.
La salvezza è gratis, allora nessuno può vantarsi.
E la legge? Paolo non vuole abolirla, ma dargli delle basi.

4
Si tratta di un midrash (esegesi di un brano biblico e applicazione) del racconto della Genesi su Abramo.
Abramo è padre di tutti i credenti.
La sua giustificazione avvenne in base alla fede e non alle opere.
La promessa e l’eredità sono anche per i gentili.
Quel che vale per Abramo vale per tutti i credenti in Cristo.
Sia Giudei che gentili si può essere figli di Abramo. Ma per la fede, non per la legge.
Abramo ricevette la promessa per aver avuto fede. Prima della circoncisione (che è simbolo della legge).
La circoncisione è un sigillo della promessa, ma non la promessa stessa.
La giustificazione è gratuita. Per essere giustificati occorre la fede.
Ma la giustificazione non è un premio per la fede. La fede è il contatto con Dio che ci dona la giustificazione.
C’È DA MEDITARE SULLA GRAZIA CHE DIO CI DONA E SULLA PRESUNZIONE CHE ABBIAMO DI MERITARLA!

Da 5,1 a 8,39 il tema portante è: la riconciliazione con Dio in Cristo e i suoi benefici.

5
In questo capitolo si ha uno sviluppo teologico importante.
La mediazione di Cristo ci ottiene la giustificazione. Diventiamo giusti.
Se accettiamo con fede.
Il frutto della giustificazione accettata con fede è la pace. Completezza di tutti i beni che si possono desiderare.
Allora si può vivere la speranza in senso cristiano: “fiduciosa attesa della partecipazione alla gloria divina in Gesù Cristo”.
E anche li tribolazioni servono a renderci forti.
Base di tutto è l’amore di Dio per noi.
Cristo morì “per noi”. Non al posto nostro, ma a nostro vantaggio. Quando eravamo ancora nei peccati. E meritavamo nulla. Non la morte eroica del soldato per un valore da difendere. Ma di Cristo per amore.
E la giustificazione porta la pace nella nostra vita e la salvezza eterna.
Da nemici ad amici, da amici a santi … .

Paolo usa un procedimento di retorica chiamato “sinkrisis”, cioè confronto. Mette a confronto due figure per mostrare la grandezza di una delle due. Adamo e Gesù.
Il peccato portò la morte nel mondo (non tanto la morte fisica, ma la rottura dell’equilibrio tra vita e morte).
Siamo alla dottrina del peccato originale (per alcune linee teologiche ebraiche il peccato era stato commesso da angeli).
Il peccato di Adamo si diffonde su tutti gli uomini. Ma anche gli uomini commettono i “loro”peccati.
La grazia di Cristo è più grande. Da un peccato viene la morte su tutti. Dal peccato di tutti, attraverso Cristo, viene la vita per tutti.
È il mistero dell’amore di Dio.
MEDITIAMO.

6
È il Battesimo che ci fa entrare nel mistero della Pasqua.
Dopo il Battesimo siamo uomini nuovi.
La nostra vita è al servizio della giustizia.
La morte di Cristo è stata un evento unico che ci ha salvato.
La resurrezione e l’ingresso nella vita divina è per sempre. Per Cristo e per noi.
CRISTO VIVE.
Purché viviamo nella fede. Senza lasciarsi invischiare dal peccato.
E le opere? Non sono a se stanti, ma compiute in obbedienza alla fede.
La morte è “salario” per il peccato, la vita è “dono” della grazia.

7
Paolo porta l’esempio della morte che libera da ogni vincolo (con la legge, con il matrimonio …).
Prima applica la morte alla legge, poi ai cristiani.
La morte in cui siamo salvati è quella di Cristo.
Del Cristo nella carne e del Cristo mistico nella rinnovazione dell’Eucaristia.

Viene affrontato il problema cruciale del rapporto fra legge e peccato.
Che relazione ha il peccato con la legge?
La legge provoca il peccato? “Non sia mai!”
Quando un uomo è lontano da Cristo, in lui la legge favorisce il peccato.
Per il gusto del proibito lo stimola e per la conoscenza del divieto lo rende peccato.
Ma la concupiscenza della carne agisce nell’uomo.
Con la ragione possiamo aderire a Dio, ma i nostri istinti ci deviano verso il peccato.
Il capitolo offre anche un’analisi psicologico per l’uomo di ogni tempo.
Siamo perduti?
Sì, se Cristo non fosse venuto a salvarci. Ma Cristo ci ha salvato. Se stiamo con lui niente può fermarci.
Paolo parla del cristiano come uomo in Cristo e degli “altri”.
MA IN NOI CI SONO TUTTE E DUE LE COSE.
Chiediamo a Dio ogni giorno la grazia di riuscire a rimanere in Cristo.

8
Protagonista assoluto del capitolo è lo Spirito di Dio (e di Cristo)
Lo Spirito di Cristo, attraverso la sua Pasqua, ci libera dal peccato e dalla “legge della carne”-
Se stiamo con Cristo non c’è spazio per il peccato. Cristo e il peccato non possono convivere.
Il peccato non ha spazio. Non è!
Dobbiamo però scegliere, ogni giorno!

Paolo aveva prima detto che le tribolazioni portano alla gloria. Nella qualità e nella quantità non c’è paragone.
Come non c’è mai paragone fra le cose degli uomini e le cose di Dio.
C’è una contrapposizione netta fra la situazione attuale e la situazione definitiva.
Questa tensione fa partecipe sia l’uomo che la natura, è cosmica.
È una tensione in due sensi: come rapporto teso e come tensione in avanti.
Tutto è nell’attesa e nella speranza.
Il rapporto dell’uomo con Dio, che sta alla radice del comportamento morale, è responsabile, per vie misteriose, anche del creato.
Potremmo fondare su questo il nostro comportamento ecologico!!

La tensione che l’uomo ha dentro non sa esprimerla.
Lo Spirito viene in aiuto. Prega per noi. Conosce il nostro intimo meglio di noi stessi. E parla col Padre per noi con “gemiti inesprimibili”, con un linguaggio che noi non sappiamo capire.

Ma tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. Tutto è per il bene dei santi.
Per coloro che Dio ha da sempre conosciuto.
Non c’è alcun segno di predestinazione di alcuni e rifiuto degli altri.
Dio chiama tutti.
QUESTO È L’ANNUNCIO CHE DOBBIAMO FARE OGNI GIORNO PER LE STRADE.
Lo Spirito ci fa figli nel figlio, possiamo gridare “abba Padre”.

I vv. 31-39 sono il vertice di tutta la lettera.
DA MEDITARE IN OGNI PAROLA.
Come la lettera ai Corinzi cantava l’amore umano, qua si celebra l’Amore di Dio per noi.
Il “ritornello” è “Dio è per noi”!
Non solo Dio “con” noi dell’A.T., ma anche “per” noi.
Dio ci ha dato quanto ha di più caro, il Figlio. Chi potrà farci del male.
Dio distrugge il peccato, non il peccatore.
Dio è morto, risorto ed ora siede alla destra del Padre per intercedere a nostro favore.
C’è un elenco di avversità. Della terra e del cielo!
In tutto siamo “stravincitori”.
In virtù dell’Amore di Dio, vissuto in Cristo.

9-10-11
Si parla della situazione di Israele.
Paolo scrive i capp. 9-11, riguardanti la situazione di Israele, con passione e di getto. Ne risente l’organizzazione delle idee.
Paolo apre il capitolo con una specie di giuramento.
Sarebbe disposto a rinunciare alla propria salvezza per il suo popolo (come Mosè nel deserto)
La grande maggioranza dei giudei non ha creduto a Gesù . Paolo si pone problemi personali e teologici.
Chi ha fallito Israele, Dio o che cosa?
È importante il rapporto fra Paolo e Israele che illustra il rapporto fra Cristo e Israele.
Non sempre, nella storia, la Chiesa e i cristiani, lo hanno vissuto coerentemente al pensiero di Cristo.
Paolo è disperato per la situazione dei suoi fratelli.
Teme per la loro salvezza.
Anche se si sono spesso dimostrati avversari.
La salvezza di Dio è per tutti.
Dio è infinitamente libero. Cin la sua grazia salva chi vuole
E la libertà umana?
Sta nel credere o no. Dio, nella sua libertà, salva i credenti.
Israele è il popolo dell'alleanza.
Gesù e gli apostoli sono ebrei.
Ma la salvezza viene dalla grazia e dalla misericordia di Dio.
Alla grazia l’uomo può attingere solo con la fede.
Non si può cercare Cristo nell’alto del cielo o nelle profondità degli abissi.
Cristo è vicino a noi. La legge ha in Lui il suo fine e la sua fine.
La fede in Cristo si basa sull’annuncio.
Si deve credere interiormente in Lui e professarlo pubblicamente.
“Gesù è il Signore”. Torna il primo kerigma.
Missione → annuncio → ascolto → fede → invocazione del Signore → salvezza.
All’inizio della catena (che è l’ultima domanda) c’è sempre Dio che invia.
Paolo li pone come interrogativi partendo dal fondo.
I credenti possono esserci sia tra i giudei che fra i gentili.
I giudei hanno ricevuto l'annuncio. Pertanto chi non ha creduto non può accampare scuse.
Il nuovo popolo è composto dai credenti di ogni provenienza .
10,20 “Isaia arditamente dice: sono stato trovato da coloro che non mi cercavano …”
Tacitamente Paolo afferma anche il contrario (non trovato da chi lo cercava)
È UN RISCHIO GRANDE ANCHE PER NOI!!!
Sarà sempre il “resto" a salvare. In ogni popolo, in ogni tempo c’è un “resto” che salva.
E i giudei che non hanno creduto?
Non sono condannati per sempre.
Paolo fa una riflessione molto profonda e importante.
La loro incredulità ha permesso la predicazione ai gentili.
La conversione dei gentili susciterà la “gelosia" dei giudei che permetterà la conversione.
Alla fine tutti torneranno a Dio.
Paolo scrive alla comunità di Roma sorta su giudeo-cristiani ed ora composta in prevalenza da etno-cristiani. “A voi gentili”, definendosi “apostolo dei gentili”.
Inverte il procedimento dell'innesto: il ramo selvatico si un albero buono.
I gentili, non solo non devono vantarsi, ma debbono essere sempre attaccati a Israele che è radice della rivelazione e della fede.
Se è santa la radice sono santi i rami. (Così la Chiesa di Roma nata sui giudei)
ANCHE PER NOI SAREBBE UTILE CERCARE LE RADICI DELLA FEDE.
Dio porta sempre a compimento il suo disegno di misericordia, che Paolo chiama “mistero".
Tutti sono stati disobbedienti, tutti avranno da Dio misericordia per diventare credenti.
Dio, fino in fondo, non possiamo capirlo.
POSSIAMO BENDIRLO, RINGRAZIARLO E AMARLO.

INIZIA LA PARTE PARENETICA (DI ESORTAZJONE AL COMPORTAMENTO DEI CRISTIANI).
Fondamento del comportamento è quanto detto nella prima parte. Non ha caso occupa tre quarti della lettera.
Tema centrale dei capp. 12-15 è: l'amore fondamento dell'etica cristiana.
12
Tema centrale: il vero culto del cristiano, la vita vissuta per Dio
I primi due vv. introducono l’argomento dei capp. Di questa sezione.
Il sacrificio del cristiano è offrire la propria vita.
Il culto è “logico".
I verbi sono chiari per la nostra vocazione: “non conformatevi” e “trasformatevi”.
Il discernimento è fondamentale per la vita del cristiano.
Per conoscere la volontà di Dio su di noi. Per fare ciò che è “buono, gradito e perfetto.
Le esortazioni sono scritte come massime sul modello del libro dei Proverbi.
Paolo scrive per la “grazia" che gli è stata data.
L'amore è il centro di tutto.
Con lo Spirito Santo che è Amore possiamo vivere a pieno la “legge di Dio".
La legge da sola non poteva salvarci.
Con Cristo possiamo!
Da qui Paolo elenca un “decalogo", riprendendo la morale laica, la sapienza di Israele e gli insegnamenti evangelici.
La prima parte riguarda i rapporti fra i cristiani.
La seconda i rapporti fra cristiani e non. La carità universale.

13
Tema centrale: le responsabilità dei cristiani
La prima parte riguarda i doveri civili.
La seconda parte tratta dell'amore fraterno.
Il cristiano non è fuori dal mondo.
È un cittadino della città terrena.
Deve allora rispettare le leggi, pagare le tasse …
Il potere è dato da Dio alle autorità umane per promuovere il bene e reprimere il male.
Ma l'imperatore non è Dio, come invece si proclamava nel mondo greco-romano.
Dio dà poteri terreni alle autorità , ma anche responsabilità, compiti e limiti.
Quando le autorità (la spada è la forza dello Stato, che a quel tempo si esplicava anche con la pena di morte, ma Paolo non parla di modo, ma di governo in generale) governano secondo santi principi i cristiani, come tutti gli altri, sono tenuti a rispettare le leggi (non solo per paura della punizione, ma per coscienza).
Probabilmente i cristiani, al tempo i cui Paolo scrive, vivono in pace.
1 Cor. Proibiva ai cristiani di rivolgersi a tribunali pagani!
Paolo esorta i cristiani ad essere onesti verso lo Stato. Anche pagando le tasse.
Probabilmente vi erano delle frange che non lo ritenevano in linea con la fede. Vedi l'odio dei Giudei per i pubblicani.
Tutto con il fine di evitare disordini e vivere in pace.
L’amore è compimento di tutto.
Va vissuto l’amore fraterno in vista della salvezza. I tempi sono compiuti per la salvezza.
I debiti da non avere sono sia di natura economica che morale (questioni irrisolte, offese non perdonate …)
Unica cosa che dobbiamo agli altri deve essere l’amore.
Senza ipocrisia. È l’amore puro e assoluto.
SU QUESTO POSSIAMO MEDITARE
È importante riconoscere il “kairos” in cui viviamo.
Dopo il Battesimo abbiamo fatto tanta strada. La salvezza è più vicina.
Le opere della notte sono elencati come coppie di vizi. Il campo della gola, della sessualità e di rapporti con gli altri.
Tutti i vizi si riepilogano come tendenze egocentriche.
Paolo conclude: non curatevi di voi, rivestitevi di Cristo.

14,1-15,13
Tema centrale: i rapporti tra forti e deboli
All’interno della Chiesa di Roma c’erano i cristiani provenienti dal paganesimo e quelli provenienti dal giudaismo.
I secondi seguivano ancora le diete ed i calendari dettati dalla legge mosaica. I primi, essendo giunti al cristianesimo direttamente, si sentivano liberi da questi vincoli.
Paolo chiama “forti” i primi e tra questi vi mette anche se stesso “Noi che siamo i forti”, mentre chiama “deboli” i secondi.
La debolezza nella fede è la mancanza di convinzione profonda che rende incerti i comportamenti. Chi è debole si sente vincolato da pratiche varie. Il debole ha delle lacune nell’adesione alla fede in Cristo.
Per Paolo la ragione sta, ovviamente, dalla parte dei forti. Le questioni in ballo sono di importanza secondaria per la fede.
Paolo riconosce la buona fede dei comportamenti citati. Fatto “per il Signore”. Quindi il rapporto fra credente e Dio è integro.
I rapporti fra credenti vanno gestiti con l’unica regola dell’Amore.
Non per motivi filantropici, ma teologici. Nessuno può giudicare gli altri perché Dio li accetta. Nella prima parte si è visto che Dio giustifica il peccatore.
Cristo è morto per tutti. E tutte le questioni, primarie o secondarie sono relative rispetto alla Pasqua. “Viviamo o moriamo siamo del Signore.” Cristo è Signore dei vivi e dei morti.
Ciascuno deve verificare le proprie convinzioni senza, peraltro, giudicare gli altri.
Il cibo è, per Paolo, una questione oziosa, ma se deve essere di scandalo per altri allora è meglio essere sensibili alla loro coscienza.
Oggettivamente niente è impuro (non ciò che entra …), ma soggettivamente alcuni possono ritenere impuri alcuni cibi.
“Non rovinare con il tuo cibo colui per il quale Cristo è morto”!
POSSIAMO MEDITARE SU COME CI COMPORTIAMO CON LA SENSIBILITÁ DEGLI ALTRI.
Il Regno di Dio è giustizia. La giustizia ci dona gioia e pace, i grandi valori.
Chi appartiene a Cristo vive le relazioni (personale e comunitaria) con questi tre doni ed edifica (per la parte umana) la comunità.
Chi non vive le relazioni distrugge l’opera di Dio.
Ciascuno segua (ovviamente sulle questioni minori) con coerenza, la propria coscienza. Il contrario sarebbe peccato.
Ma non si rompa la comunione. E si instauri il dialogo anche con quelli di fuori.
Tutti (non solo i forti) hanno il dovere di relazione. Sul modello di Cristo.
I cristiani trovano un fondamento per seguire Cristo nella Sacra Scrittura “ciò che è stato scritto prima”.
Il tutto perché tutti elevino una lode a Dio come letteralmente dice “con un solo animo”.
Giudei e Gentili sono chiamati a Dio. Tutti. Le citazioni, non a caso, sono prese dalle tre parti della Bibbia ebraica: Torah, profeti, altri scritti.
Dio è padre di tutti. Coi doni Paolo riepiloga tutto lo scritto. La pace, la speranza, … che arrivano attraverso la misericordia per chi risponde con fede.
POSSIAMO MEDITARE SULLE ESORTAZIONI DI PAOLO ALLA LUCE DELLE TESI SU FEDE, GIUSTIZIA, GIUSTIFICAZIONE

15,14-16,27
Paolo attribuisce tutta la propria missione alla chiamata di Dio.
I popoli convertiti li considera come offerta cultuale a Dio.
Per questo annuncia dove nessuno è ancora arrivato.
MEDITIAMO SULL'ANNUNCIO A “QUELLI DI FUORI”.
Sta per affrontare il viaggio “ai confini della terra".
Chiede raccomandazioni ai cristiani di Roma per essere bene accolto, sia a Roma che a Gerusalemme.
Accetteranno la colletta, segno non solo di carità, ma anche di comunione tra le comunità etno-cristiane e quelle giudeo-cristiane?
Purtroppo i presentimenti di Paolo si riveleranno fondati.
Non arriverà a Roma da evangelizzatore, “nella gioia", ma da prigioniero, “nella tribolazione”.
Febe è probabilmente colei che porta la lettera a Roma .
La lunga lista testimonia l’espansione della Chiesa e l’importanza del ruolo avuto da Paolo.
Andronico e Giunia sono una coppia di sposi. Cristiani della prima ora che Paolo chiama “apostoli”. Hanno visto Cristo risorto (apparso a 500 persone)?
Nell’ultima raccomandazione Paolo esorta i cristiani a rimanere nella fede ed a conservare l’unità della chiesa.
Pur lodando i romani per la loro fede, li mette in guardia da predicatori che potrebbero deviare la loro dottrina.
La benedizione finale è, probabilmente, un'aggiunta tratta dalla liturgia. Nulla toglie alla canonicità dello scritto.

Dopo tante dissertazioni teologiche tutto deve essere indirizzato alla gloria di Dio, davanti al quale ci si può solo inginocchiare.

La lettera ai Romani ha permesso a Lutero di “uscire dalla torre”. Di risolvere dentro di sé un pensiero schiacciante sul peccato e l’impotenza dell’uomo.
Ha provocato la “conversione” di Agostino.
È una perla per la vita di ogni cristiano.
Per la riflessione fondamentale ed infinita del rapporto tra il mio peccato e la salvezza.
COME ENTRA NELLA MIA VITA LA LETTERA AI ROMANI?
Meditiamo e preghiamo.
Amen.